San Fedele
Trascrizione del verbale di traslazione a caratteri gotici latini inciso sull’arca. Lettura: Anno Domini MCCCLXV – intrante mense junli – die quarto – translatum fuit corpus – beatissimi atletae martiris Fidelis – celebriter a medio chori huius ecclesiae praesentis ad hanc marmoream arcam – in ipsaque reverenter reconditum – praesente Reverendo Patre domino Stephano – Dei gratia Episcopo Cumano – ac etiam ibidem assistentibus praesentialier – toto ciero omnique populo devote cumanis’Nell’anno 1365, all’inizio del mese di giugno, il giorno 4, il corpo del beatissimo Fedele, martire e atleta di Dio, con grande partecipazione fu trasportato dal centro del coro fino a questa arca marmorea e in essa fu religiosamente riposto, alla presenza del Reverendo Padre Stefano, Vescovo di Como, assistito anche da tutto il clero e da tutto il devoto popolo comense.
San Donnino
Il giorno della memoria di san Donnino è il 9 ottobre: la nostra parrocchia lo festeggia solennemente nella chiesa a lui dedicata nella seconda domenica di ottobre.
Le varie redazioni della passio di s. Donnino, che narrano, con ricchezza di particolari, la sua vita, elencate dai Bollandisti, sono tutte posteriori al sec. V e in gran parte leggendarie. Sembra siano state compilate sulla falsariga di quella di s. Maurizio, ma sono importanti come testimonianza della diffusione del culto. Il nucleo storico della passio di Donnino si riduce probabilmente a quanto ci ha tramandato una recensione del Martirologio Geronimiano, in cui si legge, al 9 ottobre senza altra precisazione, Natalis S. Domnini martyris ed in cui si attesta l’esistenza di un Donnino martire. Non lo commemorano i Martirologi di Beda, Adone, Notkero e il Parvum Romanum. Usuardo ne ha forse ricevuto notizia da qualche codice del Geronimiano e ci dà un racconto più ampio, probabilmente attinto a una passio, e il suo elogio è passato nel Romano al 9 ottobre. Niente di certo sappiamo sulla sua patria d’origine e sull’epoca del suo martirio che viene posto alla fine del III o all’inizio del IV sec.Il suo culto è legato ab immemorabili al territorio di Fidenza (Parma), che da lui ricevette il nome di Borgo S. Donnino, rimasto fino al 1927, e che ne custodisce, senza che altra località gliele contesti, le reliquie, ragione per cui acquista probabilità, se non vera certezza, la circostanza che egli abbia subito il martirio in quei paraggi. Il primitivo oratorio fidentino a lui dedicato risale al sec VI; ad esso si sostituì la basilica più antica nel sec. IX e, nel XII, l’odierna monumentale che porta sulla facciata dieci sculture rappresentanti la vita del santo, attribuite alla scuola dell’Antelami. Viene rappresentato con la palma del martirio, in abito militare, con il capo tronco fra le mani. Il suo culto è assai diffuso specialmente nell’Italia Settentrionale. Il popolo ricorre a lui per essere guarito dall’idrofobia: questa devozione deve essere antica, poichè è attestata dal racconto di una redazione della passio, secondo il quale il santo guarì un idrofobo, dandogli da bere acqua e vino, dopo averla benedetta e aver invocato il Signore.
Santa Cecilia Vedi la scheda su SantiEBeati.it
Sant’Eusebio di Vercelli
(Sardegna, inizio IV secolo – Vercelli, 1 agosto 371/372)
Eusebio viene mandato a Scitopoli di Palestina, e di lì scrive ai suoi vercellesi una lettera giunta fino a noi. Poi è trasferito in Cappadocia (Asia Minore) e poi nella Tebaide egiziana. Nel 361, morto l’imperatore Costanzo, si revocano le condanne: Atanasio torna ad Alessandria e indice un concilio, presente anche Eusebio, che poi però non torna subito a Vercelli: lo chiamano ad Antiochia di Siria, dove l’estremismo del vescovo Lucifero fa litigare i cattolici tra di loro. Ritrova infine Vercelli nel 362. Studia, scrive, riprende l’evangelizzazione delle campagne, istituisce la diocesi di Tortona. Ma si spinge anche in Gallia, insediando un vescovo a Embrun. La tradizione lo considera pure fondatore di due illustri santuari: quello di Oropa (Biella) e di Crea (Alessandria). La morte lo coglie nella sua città episcopale, che ne custodisce tuttora le reliquie nel Duomo, ricordandolo anche a fine XX secolo col nome del giornale della diocesi: L’Eusebiano.
San Carlo Borromeo
San Carlo Borromeo, vescovo
(Arona 1538 – Milano, 3 novembre 1584)
Nato nel 1538 nella Rocca dei Borromeo, padroni e signori del Lago Maggiore e delle terre rivierasche, secondo figlio del Conte Giberto e quindi, secondo l’uso delle famiglie nobiliari, fu tonsurato a 12 anni. Il giovane prese la cosa sul serio: studente a Pavia, dette subito prova delle sue doti intellettuali. Chiamato a Roma, venne creato Cardinale a soli 22 anni. Gli onori e le prebende piovvero abbondanti sul suo cappello cardinalizio, poiché il Papa Pio IV era suo zio. Amante dello studio, fondò a Roma un’Accademia secondo l’uso del tempo, detta delle ‘ Notti Vaticane ‘. Inviato al Concilio di Trento vi fu, secondo la relazione di un ambasciatore, ‘ più esecutore di ordini che consigliere ‘. Ma si rivelò anche un lavoratore formidabile, un vero forzato della penna e della carta.
Nel 1562, morto il fratello maggiore, avrebbe potuto chiedere la secolarizzazione, per mettersi a capo della famiglia. Restò invece nello stato ecclesiastico, e fu consacrato Vescovo nel 1563, a 25 anni.
Entrò trionfalmente a Milano, destinata ad essere il campo della sua attività apostolica. La sua arcidiocesi era vasta come un regno, stendendosi su terre lombarde, venete, genovesi e svizzere. Il giovane Vescovo la visitò in ogni angolo, preoccupato della formazione del clero e delle condizioni dei fedeli. Fondò seminari, edificò ospedali e ospizi. Profuse, inoltre, a piene mani, le ricchezze di famiglia in favore dei poveri.
Nello stesso tempo, difese i diritti della Chiesa contro i signorotti e i potenti. Riportò l’ordine e la disciplina nei conventi, con un tal rigore da buscarsi un colpo d’archibugio, sparato da un frate indegno, mentre pregava nella sua cappella. La palla non lo colpì, e il foro sulla cappamagna cardinalizia fu la più bella decorazione dell’Arcivescovo di Milano.
Durante la terribile peste del 1576 quella stessa cappa divenne coperta dei miti, assistiti personalmente dal Cardinale Arcivescovo. La sua attività apparve prodigiosa, come organizzatore e ispiratore di confraternite religiose, di opere pie, di istituti benefici.
Milano, durante il suo episcopato, rifulse su tutte le altre città italiane. Da Roma, i Santi della riforma cattolica guardavano ammirati e consolati al Borromeo, modello di tutti i Vescovi.
Ma per quanto robusta, la sua fibra era sottoposta a una fatica troppo grave. Bruciato dalla febbre, continuò le sue visite pastorali, senza mangiare, senza dormire, pregando e insegnando.
Fino aIl’ultimo, continuò a seguire personalmente tutte le sue fondazioni, contrassegnate dal suo motto, formato da una sola parola: Humilitas.
Il 3 novembre dei 1584, il titanico Vescovo di Milano crollò sotto il peso della sua insostenibile fatica. Aveva soltanto 46 anni, e lasciava ai Milanesi il ricordo di una santità seconda soltanto a quella di un altro grande Vescovo milanese, Sant’Ambrogio.
San Probino Vedi la scheda su SantiEBeati.it
Sant’Amanzio Vedi la scheda su SantiEBeati.it
San Vincenzo de’ Paoli Vedi la scheda su SantiEBeati.it
Santa Maddalena di Canossa Vedi la scheda su SantiEBeati.it
Santa Luisa de Marillac Vedi la scheda su SantiEBeati.it
Beato Innocenzo XI Vedi la scheda su SantiEBeati.it
Beata Giovannina Franchi Vedi la scheda su SantiEBeati.it
Beata Maddalena Albrici Vedi la scheda su SantiEBeati.it